Su un aereo che mi stava portando a Lanzarote rileggevo per la seconda
volta Un indovino mi disse, di
Tiziano Terzani. Parlando con Francesca (mia compagna di lavoro e avventura),
abbiamo pensato che sarebbe stato interessante fare un viaggio provando a
muoverci anche noi, come Terzani in quell’occasione, solo via terra e se
possibile in una parte del mondo che non conoscevamo.
La scelta dei Balcani è
stata immediata: una terra brusca, martoriata ma anche capace di scorci, storie
e momenti di gande bellezza e fascino, sui quali però, nel mio sguardo, si
posava sempre, a volte lieve altre volte più invadente, lo spettro della guerra
degli anni Novanta.
Da qui la scelta di evitare ogni tentativo di svendere
queste zone alla promozione turistica, prediligendo soggetti più crudi per non
lasciarli cadere nell’oblio, anzi, casomai evidenziandoli per rendere anche
giustizia alle persone che in guerra hanno dato la vita. Fori di proiettile,
dunque, e palazzi sventrati, simboli di divisione e non di unione, ma con uno
sguardo di speranza. Ne è nato anche un libro scritto da Francesca, Dove iniziano i Balcani, il cui
paragrafo finale racchiude anche il senso del progetto fotografico:
“Eppure
la vita e le acque della Neretva continuano a scorrere sotto allo Stari Most
portando con sé impercettibili trasformazioni e, mentre il suggestivo canto del
muezzin si diffonde nell’aria, cresce in noi la speranza che il ponte di Mostar
possa un giorno diventare, come quello sulla Drina raccontato da Andrić, simile
all’ala dell’angelo di Allah, dispiegata per unire gli abitanti delle due rive
al di sopra dell’abisso scavato dal demonio.”
Le immagini
Il progetto ha richiesto un lieve lavoro di aggiustamento in postproduzione
perché volevo recuperare la difficile atmosfera del dopoguerra. Da qui i colori
freddi, quasi metallici, che mettono in risalto i pochi elementi di ogni
scatto, evidenziandone contorni e ombre e rendendone più semplice la lettura a
livello compositivo. Il progetto mi ha inoltre spinto a introdurre, come
soggetti, non solo le architetture ma anche testimonianze più grafiche
(graffiti, poster) in modo che facessero da contrappunto a edifici e strutture.
© Alessandra Repossi